“I see photography as nothing else but an expression of how I look at the world, which sounds like a very banal truism, but how we look at things is actually all that matters. If it is non judgemental, if it is from above, from below. I hope for connections with others who recognize that similar approach to the world in the texture or the mood or the feel of a photograph. They might sense “Oh I know how that feels”. Or, “I know how that smells”. That’s the only connection I can really go by, and that is a moment of feeling less lonely in the world”.
Wolfgang Tillmans in Aperture 237
Tempo diviso e frantumato
Venti, trenta, quaranta
La verità deve essere nel mezzo,
Penso.
Le regole del mondo quelle sono,
Penso. O pensano.
Forse regole non ci stanno poi alla fine,
Né venti, né trenta, né quaranta.
Che i pezzi di questo tempo
Frantumato da altri e non da me
Li posso raccogliere e ricomporre
In un vaso dai bordi dorati.
Se me lo dicevi quando ancora il corpo era invisibile,
Sconosciuto, mai ci avrei creduto.
Ancora non ci credo in fondo,
Le verità è sempre nel mezzo,
Penso.
Sempre? Forse non sempre.
Forse le parolo che scorrono
Facili nei condotti dell’udito
Avido di cadute,
Sostano troppo a lungo.
Vizio irresponsabile
Di chi si nutre di dubbio
E teme di cristalli duri e salati
Di una propria verità.
E’ scritto nelle stelle
A quanto pare
Curione mi chiama a tradirmi.
Uguaglianza e potere
Concetti non conciliabili
Nel mondo duro della roccia.
Eppure lo scrigno è morbido, fatto di carne
E sangue
Trabocca luce dalla piccola serratura dorata.
La tua chiave è coperta di ruggine
E graffia i bordi.
E tu non ci badi, e io non dico nulla.
Non voglio disturbare,
La vedo poggiata sul fondo del mare
Troppo a lungo.
Eppure apre, che dico, spalanca.
E poi con un gesto brusco richiude quel forziere
E poggia sopra un masso grigio.
Il raggio continua a traboccare.
Ci giochi con le dita, lo guardi
Con la stessa espressione della scoperta
Che hai assaggiato.
Poi ti alzi
Lasci la stanza
Il raggio colpisce il muro bianco
A vuoto.